ZIO VANJA: Note registiche di Roberto Marafante
È lo stesso regista che ci permette la decodifica della scelta e del senso della pièce Zio Vanja che vedrà la prima teatrale a Bisceglie. “Noi siamo coloro che vivono dopo Zio Vanja ed altri dopo di noi verranno.
Questa è l’opera di Čechov che non è pervasa dalla nostalgia, ma dall’ansia, l’ansia di ciò che verrà, di ciò che ognuno di noi lascerà su questa terra. In sintesi Zio Vanja è un discorso sulla vita che non si può più vivere, al massimo la si può immaginare”, così Roberto Marafante rilegge questo classico della letteratura russa. “Il problema è di una eredità fisica e sentimentale che ci collega al futuro, fili invisibili che legano una esistenza ad un’altra al di là del tempo e dello spazio, di un’umanità che non ha ancora capito quale è il suo scopo e se mai lo possa avere.
È subito chiaro che Zio Vanja si differenzia dagli altri capolavori cecoviani per una accentuata espressività grottesca, quasi comica, sia nella scrittura che nell’azione.
Qui sembra si realizzi quello spirito da vaudeville con cui Čechov tanto amava definire i suoi testi, ma questa voglia della battuta comica, questo desiderio di ridere che pervade Zio Vanja, è in realtà ispirato dal senso di vuoto, di disagio, di imbarazzo che spesso la risata, catarticamente, riesce a colmare.
È l’opera dell’ultimo periodo del grande commediografo che ha meno legami storici, ambientali, ideologici, pur essendo immersa in una quotidianità vischiosa e talmente densa da riempire tutto lo spazio per trasformarlo in qualcosa di irreale, di assurdo, di astratto: una stanza della memoria dove i personaggi approdano come ombre di pirandelliana memoria.
La contemporaneità del testo sta nel fatto, prosegue il regista, che ognuno di noi può ritrovare nella famiglia di Zio Vanja, tormentata e agitata, frammenti della propria, come colui che sfoglia l’album di famiglia. Uno spettatore della personale storia passata che riconosce in quegli avi, nei loro tratti, nelle pose antiche, lampi della propria attuale personalità, forse del proprio destino.
Osservandone la rappresentazione scenica, dialoghiamo con ogni componente cercando di comprendere a fondo l’origine del disagio e forse reintegrare l’elemento mancante, utile a rimettere ordine in quelle storie. Diventiamo noi coloro che prendono coscienza, in una immaginaria linea ereditaria, dei personali traumi, delle esclusioni, delle privazioni, delle violenze come fossero quelle di quei personaggi, e prendendoci poi il compito di risanarli.
Lo scontro è quindi volutamente aspro tra la messa in scena che vuole stare nel solco della tradizione e l’aggressiva espressività recitativa che vuole rinnovarsi.
Questa prospettiva è per lo spettatore uno scenario sconosciuto e inedito perché mostra non tanto ciò che già conosce, ma svela i condizionamenti che abbiamo ricevuto, nascosti nell’inconscio familiare e in quello personale”.
Roberto Marafante
ZIO VANJA
Ideazione arch. Massimo Marafante
Regìa Roberto Marafante
Con: Marianna di Pinto, Marisa Eugeni, Caterina Firinu, Pino Fusco, Maria Elena Germinario, Marco Grossi, William Volpicella, Enzo Toma.
Scenografie e costumi arch. Massimo Marafante
Light designer Gianluigi Carbonara
Produzione Marluna Teatro
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