Festival “Anima Mea” a Bari e Bisceglie. Lo Stabat Mater di Pergolesi per due voci d’eccezione: Maria Grazia Schiavo e Sara Mingardo

È stato scritto che, forse, mai nessun altro è riuscito nello stesso modo a cogliere col canto il mistero doloroso della Madonna ai piedi della croce. Fu l’ultimo atto di Giovanni Battista Pergolesi che, poco prima di morire, a soli ventisei anni, nel 1736, scrisse il suo «Stabat Mater», una delle più toccanti elaborazioni musicali della sequenza attribuita a Jacopone da Todi. Una pagina sacra tra le più alte che il festival Anima Mea propone lunedì 20 novembre (ore 20) a Bari (Santa Scolastica) e martedì 21 novembre (ore 20) a Bisceglie (Vecchie Segherie Mastrototaro) con due interpreti d’eccezione: il soprano Maria Grazia Schiavo e il contralto Sara Mingardo. Pierfrancesco Borrelli dirigerà all’organo l’Orchestra Orfeo Futuro. Un doppio concerto che verrà aperto da una lettura dell’attrice Nunzia Antonino da «In nome della Madre», romanzo nel quale lo scrittore napoletano Erri De Luca racconta la fine dell’adolescenza di Maria e la nascita del figlio.

Una lettura che si ricollega direttamente allo «Stabat Mater», che tradizione vuole Pergolesi abbia terminato sul letto di morte. Dunque, una pagina considerata il «canto del cigno» del compositore di Jesi, formatosi però alla scuola napoletana alla quale questo doppio concerto rende omaggio con un’introduzione strumentale rappresentata dalla Sinfonia per archi in sol maggiore di Nicola Fiorenza, che di Pergolesi fu contemporaneo. Due artisti incarnazione del musicista ideale del periodo barocco che, come spiega la musicologa Beatrice Birardi, incantava con virtuosismo muovendo gli animi con affetti. Due qualità che riflettono una dualità: l’arte come espressione “naturale” dei sentimenti umani e come realtà “soprannaturale” che eleva lo spettacolo oltre la natura. Una dualità ancorata all’armonia universale, eco della musica stessa.

E la scuola napoletana rappresentata nei brani di questo doppio concerto, integra abilmente virtuosismo ed emo­zione. La Sinfonia in sol maggiore di Nicola Fiorenza fonde, infatti, elementi stilistici del Settecento con tecniche violinistiche avanzate, sottolineando il contributo meridionale alla mu­sica d’orchestra italiana. E se la musica sacra barocca si colloca tra il terreno e il sublime, aspirando a un’armonia quasi angelica, alla quale strumenti e voci possono solo aspirare, in questo senso uno dei migliori esempi è proprio lo «Stabat Mater» in cui Pergolesi riesce a tenere in equilibrio tradizione e nuovo lirismo. E poi ci sono le parole di chiusura, «Finis Laus Deo», un sospiro di sollievo e un ringraziamento, spiega ancora Birardi, per aver completato l’opera che, con quel suo carattere intensamente emotivo e mistico, rivela la fragilità umana di fronte all’eterno.

Per ulteriori dettagli sul programma, info su biglietti e prenotazioni www.lamoroso.it/animamea.

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