Tra sporcizia e incuria, una città nella mani dei “talebani”
Benvenuti a Bisceglie, città di Romani, Bizantini, Normanni, Svevi: città di Lucrezia Borgia, di Sarnelli, di Tupputi e di tanti barbari incivili. Magari i primi che si lamentano che il Comune non pulisce o che i vigili non ci sono mai e che nessuno fa il proprio dovere.
Barbari, incivili che riescono a trasformare i giardini e le strade della città in discarica di spazzatura. Una città nella quale è pericoloso fermarsi per far passare i pedoni sulle strisce, perché hai paura che chi viene da dietro li investa (come è già accaduto purtroppo). Se dici a un ragazzo che ha buttato il pacco di sigarette vuoto a terra di raccoglierlo rischi di litigare. Una città nella quale vige la legge del più forte, non il senso civico che una volta si insegnava a scuola e nelle famiglie. Ma noi ci siamo autoeletti a culla del Turismo, delle Sagre paesane e dei tanti premi da avanspettacolo, però, per favore ditelo sottovoce perché se ci sentissero i nostri avi riderebbero. Mai un guerriero del Dolmen e di quella civiltà delle pietre vive avrebbe preso a sputare sulla propria città, a deriderla e renderla così lurida da far schifo anche solo alla vista degli occhi. Il gusto del bello, del sano, del bene comune è altro, non appartiene ai biscegliesi di questa era. E quando i posteri rivedranno quanto abbiamo fatto in questa fase storica, rivaluteranno il Medioevo tanto da vederlo magari come il nuovo Illuminismo, perché il tempo che stiamo vivendo altro non è che oscurantismo delle menti, è peggio, molto peggio del Medioevo. Trogloditi e barbari abitano queste latitudini, incivili e furbi, truffatori e ladri, insomma non distanti dalla descrizione di Petronio arbitro. E nessuno dica sono pochi, primo perché non è vero, poi perché saranno anche pochi, ma si vedono solo loro. Quelli che parcheggiano nelle aiuole, che tagliano gli alberi sotto casa perché le foglie danno fastidio alla moglie, che lasciano la macchina in terza fila, che lasciano i frigoriferi agli angoli delle strade, quando non li bruciano. Governanti e governati, tutti responsabili, anche e soprattutto quelli che stanno zitti e che va tutto così che ci possiamo fare.
Oggi, questi barbari, talebani di casa nostra, si sono lanciati su statue e lastre commemorative: non ultimo, l’aver imbrattato il cippo commemorativo dedicato al Papa Polacco Giovanni Paolo II. Sulle statue e sulle lastre commemorative ha vinto il modello dei talebani e dell’Isis. Tutto è iniziato nell’epoca in cui i talebani distrussero i grandi Buddah dell’Afghanistan, due statue che rappresentavano un passato remoto (risalivano a 1800 anni fa), tutto il mondo reagì molto male. Secondo i seguaci di Bin Laden e del mullah Omar erano simboli blasfemi, qualcosa di brutto e falso. Una posizione simile a quella di Dante che parlava dell’Antichità come del tempo degli “dei falsi e bugiardi”. Ma i talebani erano musulmani e attaccavano un pezzo del patrimonio della Storia umana, quindi tutto il mondo si sentì legittimato a indignarsi e poi quell’indignazione servì a porre le basi culturali per l’invasione dell’Afghanistan. Pensavamo che il peggio fosse passato quando dai resti di Al Qaeda sorse l’onda nera dello Stato Islamico e dei talebani di casa nostra.
Siamo testimoni di un cambiamento d’epoca che ci consegna un mondo ametrico, senza misura, nel quale non trovano più casa le nostre identità consolidate e rassicuranti. Oltre alla ormai conclamata rivoluzione tecnologica, che ci prospetta un uomo competitivo con la macchina, combinato con la macchina, aumentato dalla macchina e minacciato dalla macchina, assistiamo a un’altra rivoluzione: quella sociale che decreta l’eclissi della politica cittadina che nulla fa per tutelare la città, quasi a ricondurci umilmente alle ragioni della sua etimologia di “mondo destinato al tramonto”. Questa involuzione ha il volto e il nome di un disordine visto e taciuto perché nulla si fa per combatterlo: i cittadini si sentono impauriti e smarriti, come davanti a un bivio senza segnaletica, ci chiediamo quale strada prendere, quale insegnamento seguire, quale maestro adottare.
Si comprende, da questi fatti, che stanno affliggendo la città saranno letti come un inarrestabile processo di declino di tutta la città e che colpisce soprattutto quei cittadini a cui sta a cuore la sorte della città stessa. Questo fallimento, perché di fallimento si tratta, va attribuito a coloro che sedendo su poltrone non meritate hanno alzato un muro tra loro che sono dentro e chi è fuori. I barbari vanno fermati, perché loro sono schiavi delle loro cattive azioni e della loro ignoranza e noi siamo persone osservati della legge non possiamo accettare simili comportamenti e se non si fa in modo che i trogloditi, i barbari vengano chiusi in un angolo e tornino a vergognarsi di se stessi, come era un tempo.
PASQUALE STIPO