A Bisceglie dolmen e menhir in balia dei vandali
Dolmen, menhir e specchie. Simboli di pietra. Importanti monumenti in solitudine nell’agro di Bisceglie. Pietre che raccontano storie lontanissime della civiltà megalitica, che celano ancora misteri ma che ormai sono in fase di estinzione, tra incuria, scarsa tutela e continui ed impuniti atti vandalici.
Non è un caso inedito se ci si trova a dover constatare ennesimi danneggiamenti (pezzi divelti, cartelli turistici privati dagli incivili dei pannelli informativi, paline scanner QR scarabocchiate, area di parcheggio con immondizia ecc.).
Perché, allora, non si usano le fototrappole come è stato fatto con successo per gli scaricatori abusivi di rifiuti nelle campagne? Dal Palazzo di Città il sindaco Angarano assicura che gli obiettivi “sensibili” saranno presto protetti dall’occhio del “grande fratello”.
Un fatto sperimentale? Qui, nel silenzio degli uliveti “bagnati” dal sudore dei contadini, domina una sensazione di abbandono. Se il monolite di via Ruvo fu divelto e poi risistemato per il clamore suscitato dalla “Gazzetta”, non sarebbe invece facile rimuovere la vernice spray arancione utilizzata per “colorare” un altro singolare monolite con somiglianza di un animale, oggi visibile nell’area del dolmen “la Chianca”.
L’area “megalitica” segnalata dalla Treccani registra la presenza di turisti avventurieri con mappa alla mano. Tuttavia i sindaci che nel ‘900 si sono avvicendati nel governo della città di Bisceglie, hanno sempre manifestato, a parole, l’interesse culturale circa la presenza nel territorio biscegliese (ma non solo), del più alto numero a livello nazionale di testimonianze relative al fenomeno del “megalitismo”, tra i quali vi è il dolmen denominato “la Chianca”, il più famoso, mentre dimenticati sono quello di contrada Frisari e la specchia di Albarosa, interrata ed in attesa di tempi migliori per effettuare le campagne di scavo archeologiche sicuramente fruttuose.
Sin dalla sua scoperta (avvenuta nel Natale 1909 ad opera del sacerdote esploratore Francesco Samarelli di Molfetta, coadiuvato negli scavi dagli archeologi Michele Gervasio e Angelo Mosso) si è temuto il peggio per questo dolmen che fungeva da sepolcro collettivo nell’Età del Bronzo Medio (II millennio a. C.). Il corredo funerario rinvenuto all’interno, dopo aver visto la luce, tornò al buio, trasferito nel museo provinciale di Bari, anziché essere esposto nel museo civico “Francesco Saverio Majellaro” di Bisceglie. Pur volendo, il museo resta chiuso da molti anni per cosiddetti lavori di adeguamento, accomunato dallo stesso triste destino temporale di stop della biblioteca comunale “mons. Pompeo Sarnelli”. La fotoreporter Pina Catino si occupa da una vita dei misteri legati al culto delle acque, delle “coppelle” e dell’ara cultuale nell’agro biscegliese, precisamente in Strada Abbazia. Li ha fotografati e poi, “legati” al dolmen “la Chianca” è riuscita a far porre il “marchio” dell’Unesco, come monumento “Messaggero di Pace”. Un’attività culturale e di ricerca continua, spesso coadiuvata da Luigi Palmiotti longevo presidente dell’Archeoclub. Si pensava ad una nuova linfa. Invece no, c’è ancora lei, a richiamare l’interesse su uno straordinario patrimonio che continua a destare interesse internazionale. E così ha pubblicato un librone di oltre 800 pagine sulla “Chianca” di Bisceglie. E che le future generazioni non vedranno. Ci sono a pochi metri anche le grotte preistoriche di Santa Croce riaperte da poche settimane ai visitatori guidati dagli Scout, dopo aver subito un rito di cavilli burocratici e di ordinanze paravento che l’hanno tenuta chiusa ai visitatori per un decennio.
LUCA DE CEGLIA