Vicenda Spina-Don Fabio: l’ex Sindaco assolto in Corte d’Appello di Bari

Di seguito una lunga nota diffusa dall’ex Sindaco di Bisceglie, Francesco Spina, sulla sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello di Bari sulla vicenda che lo vedeva accusato di gravi accuse da parte di Don Fabio D’Addato.

Definitiva la sentenza di mia Assoluzione della Corte D’Appello di Bari, nel procedimento instauratosi dopo le gravi accuse mossemi dal Parroco Don Fabio D’Addato, autore della registrazione effettuata nella mia stanza con due registratori, durante una riunione sul Comune: IRRREPRENSIBILE LA MIA CONDOTTA DI UOMO E DI SINDACO ACCERTATA DALLA CORTE D’APPELLO DI BARI (miei difensori avv. Carmine Di Paola e avv.Giacomo Ragno).
In ogni caso, PERDONO DON FABIO D’ADDATO E SPERO CHE LO STESSO SAPPIA FARLO NEI MIEI RIGUARDI, SE HA FRAINTESO IL MIO OPERATO DI SINDACO, ASSOLUTAMENTE CORRETTO E DOVEROSO SUL PIANO ISTITUZIONALE E AMMINISTRATIVO.
Due registratori con telefonini mai acquisiti o analizzati, una pen drive, recante la registrazione, risultata smarrita e non trovata più nel fascicolo del procedimento e, quindi mai riprodotta e ascoltata in aula.
Decine di interrogatori e udienze, migliaia di pagine di atti istruttori, tante umiliazioni per difendermi dagli articoli di stampa che chiaramente riportavano le varie notizie giudiziarie, che mi riguardavano come come sindaco della Città, solo per aver fatto il mio dovere e aver difeso 21 famiglie di lavoratori licenziati.
La denunzia di Don Fabio D’Addato presso la Guardia di Finanza di Bari ha prodotto i giusti e lunghi approfondimenti, anche con qualche strano risvolto poco chiaro sul piano giudiziario.
L’istinto, spesso, porta a serbare rancore verso una controparte, peraltro nella specie Prete, che mai ha mostrato indulgenza nei miei riguardi e che nel suo sacrosanto diritto giudiziario ha determinato un’azione che avrebbe potuto distruggermi sul piano umano, politico e professionale. In queste situazioni spesso nascono le controquerele per calunnia, per falsa testimonianza eccetera.
Tuttavia, così come ho fatto recentemente per la querela nei confronti di Sergio Silvestris, per una vicenda di fatto collegata a questa, in cui lo stesso Silvestris durante un pubblico comizio mi attaccò proprio per la vicenda di Don Fabio D’Addato, intendo ora chiudere un’altra pagina annosa della recente storia politica e amministrativa della città. E’ il momento della pace cittadina, come valore supremo e indefettibile per superare tutti insieme questo duro periodo di crisi sociale ed economica. Il confronto deve avvenire anche duramente, ma democraticamente e senza i veleni degli ultimi anni.
Da cattolico e cristiano so che il perdono è l’atto per eccellenza a cospetto del Padre e che quando perdoniamo, stiamo anche compiendo il perdono per noi stessi e le nostre colpe. Rinunciare ad ogni desiderio di vendetta e punizione è la via per i Cattolici, in particolar modo per quelli come me impegnati, anche come giurista cattolico, in ruoli pubblici. Questa è la scelta che ho fatto, sostenuto da un versetto di Matteo, che mi ha particolarmente colpito e che lo Stesso Don Fabio, che è stato mia controparte in queste vicende giudiziarie, ben conosce e ben potrà apprezzare: “Matteo 6.14.15 ” perchè se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre Vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini neppure il Padre Vostro perdonerà le Vostre colpe”. Ora che dopo ben due gradi di giudizio la mia assoluta onestà morale è stata accertata per l’ennesima volta, il perdono, da cristiano, lo sento necessario e importante anche per l’intera comunità.
E’ giusto che la comunità biscegliese conosca fino in fondo i fatti e qui di seguito riporto testualmente LA STORIA PRECISA DEI FATTI E LA MOTIVAZIONE IN DIRITTO DELLA SENTENZA DEFINITIVA QUI VIENE RIPORTATA INEGRALMENTE:
“In via preliminare deve rilevarsi che, nonostante il reato sia prescritto, si impone il vaglio delle questioni di merito poste dalle parti processuali e la verifica della sussistenza dei profili di responsabilità dell’imputato, in quanto necessario presupposto delle statuizioni civili già adottate dal giudice di prime cure, sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi.
Il compendio probatorio non consente di ritenere sussistente l’elemento psicologico del dolo ed impone pertanto la pronuncia assolutoria perché il fatto non costituisce reato.
Consapevole questa Corte della giurisprudenza consolidata di legittimità che, nel caso di rivisitazione della decisione, esige una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell’attività istruttoria, non potendo il giudice del gravame rivalutare le prove dichiarative senza procedere a nuovo esame dei testi nel contraddittorio delle parti.

Quanto al primo profilo, verranno di seguito indicate le ragioni che non consentono di condividere II giudizio di responsabilità di cui alla sentenza impugnata; quanto al
secondo profilo, non ricorre la necessità di nuovo esame, atteso che le prove dichiarative rilevanti per la pronuncia assolutoria non sono state oggetto di valutazione da parte del giudice di prime cure, che ha in concreto fondato la decisione sulle deposizioni delle due persone offese, ritenute attendibili e idonee a riscontrarsi reciprocamente, e che avrebbero trovato conforto nel contenuto delle conversazioni dalle stesse registrate.

L’antefatto è noto e può essere così riassunto: nell’anno 2007 il reverendo D’Addato Fabio era nominato parroco della chiesa di San Silvestro sita in Bisceglie, e in tale veste,
assumeva di diritto la carica di componente del consiglio di amministrazione dell’Associazione Laicale San Silvestro e la funzione di assistente spirituale della medesima associazione. Nell’ottobre 2012, l’arcivescovo della BAT lo nominava presidente del consiglio di amministrazione della predetta associazione, che gestiva due rami di attività, la RSSA denominata Centro Anziani Storelli e la Scuola Paritaria dell’Infanzia Gesù Fanciullo- S. Andrea, entrambe ubicate in Bisceglie.

In data 20.5.2013 il CdA dell’Associazione Laicale S. Silvestro – composto dal presidente D’Addato Fabio e dai consiglieri Mons. Caputi Pasquale, Dente Francesco Luigina Dell’Olio (era assente la consigliera Renata Anellino)- dato atto che l’ Associazione, dopo avere usufruito per due anni della CIG in deroga, (ormai in scadenza) non era in grado di sostenere l’impegno economico connesso al pagamento dello stipendio ai dipendenti, e che nell’ultimo esercizio chiuso al 31.8.2012 si era registrata una perdita consistente, deliberava all’unanimità la cessazione dell’attività della scuola materna. A partire da11.6.2013, perciò, l’associazione dava corso alla procedura di licenziamento collettivo dei 21 /22 (anche su questo numero è sorta contestazione tra le parti) lavoratori dipendenti, già occupati presso la scuola dell’infanzia.

In data 26.8.2013, quattordici persone (tra i quali Dente Francesco ed Anellino Renata) costituivano in Bisceglie la Società Cooperativa Sociale “Le simpatiche canaglie”, nominando Dente Francesco presidente. Il 27.8.2013 il CdA dell’Associazione Laicale S. Silvestro si riuniva e registrava la presenza di tutti i suoi componenti (Daddato Fabio- presidente- Caputo Pasquale, Dell’Olio Luigina, Dente Francesco e Anellino Renata, consiglieri). Il presidente, dato conto della conclusione della procedura di licenziamento collettivo, rappresentava che il giorno precedente era pervenuta la proposta della Cooperativa Le Simpatiche Canaglie, nelle more costituitasi, per la riattivazione del servizio di scuola materna, con
una autonoma gestione. Il CdA autorizzava il presidente D’addato a verificare la fattibilità di un accordo ed altresì a stipulare un contratto volto a regolare l’utilizzo dei mezzi necessari al prosieguo del servizio. Quindi lo stesso CdA accettava le dimissioni spontanee dei consiglieri già deliberanti la proposta, Dente Francesco e Anellino Renata, ed ammetteva quali componenti nuovi dell’associazione Dente Giuseppina e Rutigliano Nicola Cosicché il 29.8.2013 l’Associazione Laicale S. Silvestro, in persona del suo legale
rappresentante pro tempore D’addato Fabio, e la Cooperativa Le Simpatiche Canaglie, in persona del suo presidente e legale rappresentante Dente Francesco, premesso che la
prima aveva cessato la gestione della scuola materna Gesù Fanciullo e che il CdA aveva manifestato la volontà di accedere alla proposta della Cooperativa, in assenza di altre
concrete soluzioni di riavvio dell’attività, e che d’altra parte la Cooperativa aveva condizionato il suo interesse alla gestione del servizio ad una celere definizione del contratto in vista dell’imminente ripresa dell’anno scolastico, convenivano di affidare la gestione della scuola paritaria Gesù Fanciullo alla Cooperativa Le Simpatiche Canaglie, regolamentavano i profili dell’offerta formativa, stabilivano che, per l’esercizio dell’attività affidatale, la Cooperativa avrebbe utilizzato gli ambienti già in uso all’Associazione Laicale, che a tal fine glieli concedeva in comodato gratuito, con l’impegno della beneficiaria di curarne la manutenzione ordinaria. Dopo la clausola di manleva della Cooperativa da qualsiasi pretesa di terzi relativa alla pregressa gestione- comprese quelle dei lavoratori dipendenti – e della Associazione dalle obbligazioni derivate dalla nuova gestione, le parti convenivano che su espressa richiesta del legale rappresentante dell’Associazione, la Cooperativa – pur costituendo essa una distinta ed autonoma organizzazione lavorativa- si impegna,  dell’assunzione dei docenti da impiegare nel servizio della scuola, a consultare con precedenza i docenti già impegnati nell’anno scolastico 2012/133 presso la scuola Gesù Fanciullo proponendo prioritariamente agli stessi le opportunità occupazionali che saranno consentite dalle iscrizioni disponibili, il tutto ovviamente nei limiti consentiti dalle stesse e nell’ambito delle organizzazioni e delle regole statutarie della Cooperativa.

Sono agli atti le missive, spedite il 30.8.2013, con le quali Dente, comunicava alle insegnati della scuola che la Cooperativa era subentrata nella gestione della scuola Gesù Fanciullo e che, pur non essendovi la Cooperativa obbligata, su richiesta del presidente dell’Associazione Laicale San Silvestro, D’Addato Fabio, sí era impegnata a assumere i docenti già impegnati nell’anno scolastico precedente; il tutto ovviamente nei limiti consentiti dalle iscrizioni disponibili e nell’ambito dell’organizzazione e delle regole statutarie della Cooperativa. Perciò, fermo restando che il concreto impiego sarebbe potuto avvenire in relazione alle effettive possibilità occupazionali, poiché la cooperativa per statuto poteva impiegare solo chi aveva la qualità di socio, ogni docente era invitata a far conoscere se aveva interesse a far parte della Cooperativa, in vista delle possibilità occupazionali che tutti auspichiamo. Non ricevendo alcuna comunicazione entro gg.15 dalla ricezione della presente, la riterremo non interessata a quanto propostole. Le raccomandate a.r. erano ricevute tra il 3 ed il 9.9.2013. Con missiva datata 16.9.2013 (rispettosa del termine assegnato) n.7 docenti rispondevano all’invito rivolto dal Dente, rappresentando ognuna “la mia intenzione di riservarmi di decidere di entrare a far parte della Vs. Cooperativa, allorquando saranno rese note le concrete modalità di accesso alla stessa nonché gli oneri e le relative conseguenze giuridiche che detto accesso comporteranno” Frattanto, il licenziamento collettivo di 22 (o 21) dipendenti e la chiusura della scuola aveva creato grave allarme nei lavoratori e nelle sigle sindacali che li rappresentavano, le quali che avevano immediatamente assunto iniziative di protesta e di sollecitazione alla risoluzione della vertenza: i lavoratori, con manifestazioni pubbliche o presentandosi nella sede istituzionale per richiedere a Sindaco e Vice Sindaco un intervento efficace, i Sindacati investendo le autorità locali, Sindaco e Prefettura, affinché dessero corso a tavoli tecnici risolutivi. La documentazione acquisita attesta che a seguito dì tali sollecitazioni, Prefetto e Vice Prefetto  chiedevano conto al Sindaco di quanto in concreto stava accadendo.

Le testate giornalistiche – su carta e on-line- come risulta dalla documentazione in atti davano resoconto quotidiano delle doglianze dei sindacati e dello stato di agitazione dei
lavoratori. Stato di agitazione accresciutosi alla notizia che l’attività della scuola sarebbe ripresa senza la loro riassunzione, in conseguenza della scelta del D’addato, attuata per il
tramite del giovane imprenditore Dente- e con il benestare dell’arcivescovo della Bat, con il quale entrambi hanno asserito di avere avuto un’ interlocuzione diretta sulla vicenda, n.d.r.- dì porre in essere un’operazione che rispondeva a logiche imprenditoriali, senza salvaguardia alcuna per i lavoratori. A fronte delle perdite registrate l’Associazione aveva infatti deciso di cessare la gestione della scuola paritaria con delibera assunta all’unanimità dal CdA, del quale faceva parte il Dente, ed aveva perciò avviato la procedura di licenziamento collettivo. A distanza di poco più di un mese, però, mentre era in atto l’interlocuzione con i sindacati, quello stesso CdA, sempre con la partecipazione del Dente, deliberava di valutare – cosa poi accaduta-l’accettazione della proposta della Cooperativa Le Simpatiche Canaglie, di cui lo stesso Dente era presidente, di subentrare nella gestione del servizio scuola. Tanto invero accadeva in piena continuità con la gestione precedente, risultante oltre che dalla doppia veste del Dente, di componente del CdA e di autore delta proposta di subentro, altresì dalla sede della scuola, che rimaneva immutata, in quanto l’Associazione Laicale cedeva in comodato gratuito i relativi locali (e gli arredi), nonostante le difficoltà economiche in cui versava. Nessuna continuità garantivano invece le parti contraenti con riferimento ai rapporti lavorativi. La clausola di impegno assunta tra le partì, circa i lavoratori, non aveva invero alcuna concreta consistenza, giacché la Cooperativa, dovendo dotarsi di un corpo docente, si impegnava non già a riassumere il personale licenziato, bensì a consultarlo con priorità per la formulazione della proposta contrattuale (con condizioni tutte da stabilire), condizionata dalla concrete possibilità occupazionali, a loro volta subordinate al numero delle iscrizioni ed al rispetto delle regole statutarie della Cooperativa.

La missiva inoltrata alle insegnati alla fine di agosto 2013 era pienamente conforme a quella clausola: si chiedeva loro di manifestare interesse nel termine di 15 gg, a pena di decadenza, verso una solo eventuale proposta di assunzione (senza menzionare le condizioni) subordinata alla evenienza che si creasse una possibilità di occupazione, in
dipendenza del numero delle iscrizioni (era il 30.8. e Vanno scolastico sarebbe cominciato di lì a qualche giorno), e sempre che vi fosse la loro adesione alla Cooperativa (in quanto solo i soci potevano essere occupati), senza che fossero rese le docenti edotte della consistenza degli oneri e delle conseguenze connesse a quella adesione.

Lo stato di agitazione creatosi — induceva tutti i protagonisti della vicenda a rilasciare dichiarazioni e/o comunicati sulle testate giornalistiche, rivendicando in particolare
D’Addato la bontà della propria scelta, necessitata dalle difficoltà economiche, che a suo dire non aveva trascurato tuttavia l’interessamento verso i lavoratori- inutilmente
fomentati con valutazioni e metodi anacronistici dalle sigle sindacali- ed il primo cittadino a contestare apertamente quella scelta, che poneva a repentaglio le sorti di
22 famiglie rimaste improvvisamente prive di reddito, che manifestavano il loro disagio non solo con pubbliche manifestazioni, ma altresì presentandosi presso l’istituzione
pubblica quotidianamente per chiedere un intervento risolutivo. Il 3.9.2013, mentre era in corso il sit-in dei lavoratori, lo Spina, apertamente dissentiva da quell’operazione
imprenditoriale, che reputava illegittima nei confronti dei lavoratori, e dalla quale intendeva dissociarsi interrompendo ogni interlocuzione ed eventualmente negando
ogni supporto della istituzione pubblica. La scelta di manifestare pubblicamente le rispettive posizioni finiva per ingabbiare ciascuna delle partì nel ruolo assunto; nessuno riteneva di poter assumere pubblicamente l’iniziativa volta alla ripresa di una trattativa concretamente idonea a risolvere la vicenda. Ciò nonostante, reputando prioritaria la necessità di risolvere la vertenza, in data 4.9.2013, lo Spina, per il tramite del Vice Sindaco Fata, provvedeva a convocare D’Addato ad un colloquio informale nel suo ufficio. Si era trattato invero, come emerge dalla deposizione del Fata, di una iniziativa estemporanea, attraverso la quale lo Spina intendeva trovare una via di risoluzione della vertenza sindacale.
D’Addato accettava l’invito e si presentava all’incontro, ma, prima ancora di accedere all’ufficio dello Spina, avviava la registrazione attraverso il telefono cellulare occultato
sulla sua persona. La posizione assunta dal D’Addato nel corso dell’incontro- ossia di essere impossibilitato ad assumere iniziative a favore dei lavoratori non avendone più
titolo dopo l'affidamento della scuola alla Cooperativa, rendeva necessario l’intervento del Dente, che Fata, in virtù del personale rapporto di amicizia che aveva con costui,
provvedeva a contattare telefonicamente per chiedergli di partecipare all’incontro.

Nell’attesa, il D’ Addato si allontanava dall’ufficio e contattava Dente via sms (anch’essi agli atti), ponendolo in allarme e dandogli indicazioni circa la posizione da assumere nel
corso del colloquio ad espletarsi: chiamami urgente, mi ha contattato il sindaco alla proposta prenditi tempo ….quando finisci chiamami, vogliono farti uscire di scena l’assunzione 21 dipendenti. Un imprenditore io ho detto che non posso venire meno agli accordi. Incrociandolo nel corridoio al momento in cui sopraggiungeva, lo rendeva edotto del fatto che stava registrando la conversazione e Dente si determinava a fare altrettanto. La vicenda processuale concerne invero solo questo segmento di condotta- l'incontro e
le parole pronunciate dallo Spina nel corso dello stesso- ma l’antefatto innanzi esposto ha sicura rilevanza per intendere la portata di quella conversazione, così come hanno
certa rilevanza l’approccio degli interlocutori a quell’incontro e le deposizioni del Fata e del Di Pierro che vi parteciparono, (almeno il primo per tutta la sua durata), nonché il
contenuto degli sms acquisiti agli atti. Non meno rilevante la deposizione del teste Ingravalle che con lo Spina ebbe una interlocuzione continua, circa le scelte da adottare per la soluzione della questione, garantendogli in virtù della sua veste (avvocato) di tenersi all’interno del perimetro della legalità.

Ebbene, si è già detto che l’dea di convocare D’Addato e successivamente anche Dente-in conseguenza della posizione assunta dal D’Addato nel corso del colloquio- non fu preordinata, ma dettata dall’evolvere degli eventi e fu condivisa con il Vice Sindaco Fata, come da quest’ultimo dichiarato nel corso dell’esame. Sul punto va evidenziato che lo stesso Fata ha precisato che i rapporti con lo Spina si erano nel tempo modificati e che sostanzialmente, al momento della testimonianza, tra loro non vi era più alcuna relazione. Dunque deve escludersi che la deposizione possa essere inficiata da sentimenti di simpatia, amicizia ovvero di vicinanza politica. Nella stessa posizione di neutralità di pone il teste Di Pierro. Entrambi hanno evidenziato che lo scopo di quell’incontro era risolvere la vertenza dei lavoratori. Fata in particolare- ma questo emerge dal contenuto della conversazione registrata- ha evidenziato che, a seguito di quella operazione attuata da D’Addato e Dente, era divenuta quotidiana la presenza dei lavoratori presso gli uffici per rappresentare le problematiche del licenziamento e per chiedere l’intervento risolutivo del Sindaco.

Nella conversazione registrata Fata, in prima persona, sottolinea tale profilo e la difficoltà di gestire la situazione. V’è pure da aggiungere che dal compendio probatorio è emerso, con assoluta certezza, che lo Spina aveva avuto una vittoria schiacciante in sede di ballottaggio appena pochi mesi prima, che quello in corso era il suo ultimo mandato e che non avrebbe più potuto ricandidarsi. Dunque è da escludere che il suo interessamento per la vertenza sindacale fosse finalizzata a perseguire un vantaggio personale in termini di consenso di cuí avvalersi per un futuro incarico pubblico. La paventata possibilità di accedere a incarichi a livello nazionale in un futuro non imminente risulta talmente aleatoria da non potersi ritenere fondata, avendo egli da espletare nell’immediatezza il suo mandato di Sindaco appena iniziato. Per altro verso, il desiderio di mantenere il consenso della cittadinanza che votandolo gli aveva manifestato fiducia, risulta invero fisiologico e non può costituire il movente di un’azione delittuosa.

La scelta di avere un incontro con D’Addato e Dente era dettata perciò davvero dalla necessità di risolvere la questione, nella consapevolezza peraltro che ciascuno era
attestato su posizioni che, per essere state così incisivamente enunciate anche sui giornali, erano difficilmente modificabili pubblicamente. Spina partecipava a quella conversazione, che reputava informale, chiedendo- alla costante presenza del Vice Sindaco e del consigliere Di Pierro – prima a D’Addato e poi a Dente di rivedere la loro
scelta, di consentire la soluzione della vertenza attraverso la riassunzione del personale licenziato; rappresentava tutta la difficoltà che la vicenda stava creando anche in termini di ordine pubblico (con le connesse sollecitazioni che provengono dal Prefetto) e dichiarava apertamente che reputava il licenziamento collettivo illegittimo, stante la continuità tra la precedente e la nuova gestione della scuola; che non intendeva avallare quell’operazione con il denaro pubblico. Contestava che una scelta di tipo imprenditoriale potesse caratterizzare l’associazione e/o la cooperativa senza scopo di lucro. Più volte Spina ribadiva, affinché non vi fossero fraintendimenti, che il suo interesse era quello dì risolvere la vertenza sindacale e di rasserenare gli animi dei lavoratori, finalità perseguita anche in altre occasioni (ad es. nella vertenza della Casa della Divina Provvidenza). E intendendo la difficoltà del Dente al riassorbimento dell’intero personale, prospettava l’alternativa che la gestione della scuola fosse affidata ad altri, una cooperativa, ovvero un’altra persona- senza menzionare alcuno in particolare- che potesse assumere quell’onere. A tal fine prospettava che la soluzione poteva perciò essere quella di sciogliere il loro accordo. A fronte di tali richieste D’Addato difendeva la sua scelta, necessitata da esigenze di bilancio, e affermava di non potere più fare alcunché quanto a tutela dei lavoratori, avendo
ormai cessato l’attività. Dente, dal canto suo, adeguandosi al contenuto degli sms ricevuti, si limitava a prendere tempo.

L'incontro perciò si concludeva con l’impegno del Dente a valutare quanto prospettatogli. Nel corso della deposizione peraltro Dente ha precisato che aveva necessità di confrontarsi non solo con D’addato, ma con il Vescovo con ii quale condivideva ogni decisione. L’interlocuzione con lo Spina cessava tuttavia per il rifiuto opposto da quest’ultimo a seguito del deteriorarsi dei rapporti con il D’addato (circostanza precisata dal Dente). Non v’è dubbio, per quanto consta dal tenore della conversazione che Spina ebbe ad
utilizzare argomenti e frasi di forte incisività, ma nel vagliare tali condotte e la capacità di limitare la libertà dei suoi interlocutori, non si può prescindere dal considerare due
aspetti: a) alla conversazione parteciparono Fata e Di Pierro, il primo certamente per tutta la sua durata ed avendo una diretta interlocuzione con le parti convocate, in
perfetta sintonia con le posizioni del primo cittadino. Ebbene se la finalità dello Spina fosse stata quella costringere D’Addato e Dente a soluzioni non condivise, incidendo sulla
loro volontà, è assai verosimile che non avrebbe consentito la partecipazione dí altri soggetti, poiché non aveva alcuna certezza sulla posizione che avrebbero assunto
(essendo pacifico che sul punto non vi era stata preventiva interlocuzione tra loro). La presenza di testimoni a con ione illecite (non concertate) sarebbe stato un rischio assai
elevato, che non valeva la pena di correre; b) assai diversa è la posizione in cui si trovano Spina, D’Addato e Dente in quella conversazione. Difatti l'imputato non sospettava in alcun modo di essere sottoposto a duplice intercettazione ed ha dichiarato apertamente la sua posizione, la difficoltà nella gestione della vertenza, l’impossibilità di fare un passo indietro al punto in cui si era giunti. D’Addato e Dente, reciprocamente consapevoli che era ìn atto la registrazione – che altro scopo non poteva avere se non di precostituire una qualche prova contro lo Spina- avevano la possibilità di calibrare le loro risposte, di non sbilanciarsi in alcun modo, nonostante si fosse in un contesto informale, di porsi in una posizione di attendismo, consapevoli che tale atteggiamento avrebbe sollecitato l’interlocutore inconsapevole a usare un frasario più incisivo per indurli a prendere una decisione in tempi brevi. Non deve peraltro sottacersi che pur quando Spina prospettava la possibilità ad entrambi di tirarsi indietro per fare spazio a soluzioni alternative- una terza persona che potesse garantire la riassunzione dei dipendenti licenziati- non faceva mai il nome di alcuno. Il riferimento all’imprenditore Rana- che escusso ha dichiarato che la gestione di una scuola non era mai stato suo interesse e che mai Spina lo aveva interpellato sul punto- non veniva mai effettuato dall’imputato, bensì dal D’Addato – in un segmento di
conversazione con il Fata (mentre Spina parlava al telefono)- ancora una volta nella sua esclusiva consapevolezza che era in atto la registrazione.

Nonostante fosse ignaro della registrazione, l’imputato non ha mai prospettato soluzioni che andassero oltre la necessità di risolvere la vertenza dei dipendenti licenziati, né può dubitarsi che tale fosse l’interesse che lo muoveva per il fatto che, nel corso della conversazione, egli affermava pure che se il licenziamento avesse riguardato alcuni soltanto dei dipendenti, in tempi diversi e magari dopo la soluzione della vertenza, egli non avrebbe avuto interesse a ingerirsi per la soluzione della questione, giacché il Comune non era l’ufficio dì collocamento. Tale affermazione, al contrario, dà tonto del fatto che era proprio il licenziamento collettivo, senza riassunzione nell’ente chiamato a proseguire la medesima attività, a legittimare l’intervento del primo cittadino giacché coinvolgeva un gran numero di famiglie e si poneva come questione sociale rilevante per la cittadinanza. Il licenziamento del singolo o di taluni dipendenti era invece questione che rimaneva circoscritta all’ambito dei rapporti datore di lavoro dipendente, senza eco nella cittadinanza, del quale il Sindaco non aveva titolo per intervenire. Le considerazioni che precedono – che peraltro portano ad escludere qualsivoglia possibilità di incidere sulla volontà dei suoi interlocutori, già determinati a prendere tempo innanzi a qualsivoglia proposta dello Spina- inducono a ritenere carente l’elemento psicologico a sostegno della condotta dell’imputato, cosicché ogni altro profilo inerente alla condotta resta assorbito. La pronuncia assolutoria conseguente impone la revoca delle statuizioni civili adottate
dal giudice di prime cure. Il carico di lavoro giustifica l’indicazione del termine per il deposito della motivazione.

P.Q.M.

La Corte, letto l’art. 605 c.p.p. in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 29.1.2020 appellata da Spina Francesco, assolve l’imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato.

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