Il secondo capitolo de L’isola di Gary: i paesaggi di guerra e di pace

Raccogliersi attorno al concetto di pace in senso ampio e coinvolgente come abbraccio universale che accanto all’ecologia stringa l’idea di essere in pace con il mondo, con se stessi e con l’intero universo in ogni forma e declinazione dei suoi riflessi e dei suoi particolari, sembra essere l’intenzione da cui la curatrice Maria Pia Latorre ha mosso i primi passi per dare vita a questo secondo capitolo de L’Isola di Gary, sottotitolato, appunto, paesaggi di guerra e di pace, per i tipi di Opera Indomita appena pubblicato e disponibile all’acquisto sulla piattaforma Amazon Italia.

La nuova pubblicazione fa seguito e si unisce idealmente al primo volume ampliandone lo sguardo in relazione anche agli eventi dell’attualità ma con uno sforzo collettivo che tende a focalizzare l’obiettivo lirico e filosofico su uno slargo concettuale che offra al lettore il senso di valore universale che dal particolare consenta di salire al generale e mai in un percorso discendente al contrario, probabilmente più moderno e in linea con le attuali tendenze da talk show ma anche più “a buon prezzo” quando non parziale e mistificatorio. E tutto questo attraverso la poesia perché – come scrive la curatrice stessa – «La parola poetica si inserisce nel dibattito sulla salva-guardia del Pianeta; essa crea equilibrio tra silenzio e parole; e la sintesi a cui perviene è specchio dell’essenzialità a cui l’ecologia profonda s’ispira».

Ma se proprio dev’esserci un percorso discendente, allora diventa quello che porta il poeta a “sporcarsi le mani” perché – continua la Latorre – «il poeta sta assumendo una nuova funzione sociale, che gli viene innanzitutto dall’essere un soggetto sociale attivo – ed in quanto tale ha i mezzi idonei a comunicare – e sta trasmutando in soggetto politico, poiché è connesso alle vicende della vita civile». E i poeti presenti nell’antologia esprimono, in un modo o nell’altro, proprio «un’intima necessità (…) di non abbassare la guardia, di non rendersi rinunciatari e assuefatti agli eventi».

In questo secondo capitolo si ritrovano confermati alcuni poeti già presenti nella prima edizione, accanto a nuove partecipazioni. Così come, ancora una a volta, è di Sandro Marano la prefazione al testo, che così scrive: «Ancora una guerra sconvolge la nostra Europa. Ma i poeti non alzano bandiera bianca. Si interrogano, gridano il loro sdegno, cercano di risvegliare le coscienze, piangono sulle sorti dell’uomo del nostro tempo «avido di distruggere, avaro di carità» (Ezra Pound), vogliono, disperatamente vogliono, costruire ponti di pace tra gli uomini e tra gli uomini e la natura.

In quest’antologia sono presenti trentatré poeti, che hanno saputo declinare con accenti e stili assai diffe-renti, ma tutti significativi, i vari temi ambientali» Si tratta di: Annalisa Mercurio, Antonio Rotondo, Cosimo Lamanna, Cosimo Rodia, Daniela Pinassi, David La Mantia, Elisabetta Stragapede, Ezia Di Monte, Federico Preziosi, Gianni Antonio Palumbo, Gianpaolo Mastropasqua, Giuseppe Zilli, Letizia Cobaltini, Loredana Lorusso, Lucia Diomede, Luigi Lafranceschina, Mara Venuto, Maria Curatolo, Mariateresa Bari, Maura Picinich, Mauro De Pasquale, Monica Messa, Nicola De Matteo, Onofrio Arpino, Paolo Polvani, Pasqua Sannelli, Rosa Colella, Rosa Costantino, Raffaello Volpe, Vito Davoli, Vittorino Curci e Zaccaria Gallo.

Augurando a “Gary” che le sue isole continuino ad emergere con rinnovata ispirazione ed efficacia fino a consentire la visione dall’alto di un’arcipelago naturale ricco contributi e approdi, riportiamo di seguito, a titolo esemplificativo, quattro poesie scelte da questa pubblicazione sperando di fornire al lettore un goloso assaggio del ricco e variegato percorso che si troverà ad affrontare fra le pagine di AA. VV., L’Isola di Gary. Paesaggi di guerra e di pace, a cura di Maria Pia La torre, Opera Indomita 2022, pp. 133.

 

Vito Davoli

 

 

SULLO SPARTIACQUE

(di Vittorino Curci)

 

i disertori suonano con le scarpe un vialetto di ghiaia.

per scaldarsi bruciano libri.

il rifluire del tempo sul quadrante ci coglie impreparati.

vaghiamo curvi e senza lampade

ad aspettarci c’è una ragazza con un diastema

tra gli incisivi. e cose di cui non abbiamo voglia di parlare.

le braccia torpide… le voci provate dal troppo urlare…

i ripetuti salti mortali sugli assiti fradici della storia

via via disperando di uscirne vivi

(inedita)

 

 

MEDITERRANEA

(di Gianpaolo Mastropasqua)

 

Quando eravamo dèi e camminavamo con gli alberi

e le vesti erano anime e animali vivi

e ancora festeggiavamo i compleanni delle nuvole

e all’ora danzavamo sulle acque come anemoni

e chiamavamo Israele la neve del deserto

e l’arcangelo bambino affacciato sull’abisso

e le sorgenti cantavano dai mari alla fonte

e le foglie erano velieri e lingue all’unisono

e i rami ponti trascendenti della luce

e l’impossibile mostro era libero di amare

e ogni passo un sapore e un nome pedante

e le caverne erano occhi appena aperti sull’ignoto

e le pietre dialogavano nel concentrico giorno

ora che passeggiamo senza gambe strisciando

tra la folla calpestata dal silenzio assassino

e le feste nucleari ci attendono al varco

e sogniamo a brandelli tra i respiri delle bombe

e chiamiamo vita eroica l’abbraccio del piombo

e le pietre sono masse che lapidano al pascolo

e le foglie e gli alberi hanno finito la primavera

e il mare dalla lingua di petrolio più non parla

e le lucciole sono nere e il gabbiano viene corvo

e il becco una lama lenta che vibra che penetra

e logora la fauna che affolla in cadaveri pensieri

e l’impossibile mostro è già in gabbia da tempo

e i pugni si combattono nell’aria sanguinaria

e le cave hanno il profumo delle fosse comuni

e ogni passo è una palude da cui uscire vivi

procediamo non siamo nessuno sa perché dormiamo.

 

*impossibile mostro: cervello umano (Neurologia, Walter)

(da Viaggio salvatico, Ed. Fallone, 2018)

 

 

IL SOGNO DELL’ANGELO COL CANDELABRO

(di Gianni Antonio Palumbo)

 

E l’ordigno esplose

straziando l’angelo

che regge il candelabro.

Io ero lì in quell’istante

senza capire

o guadagnare l’uscita.

L’inferno nelle vene.

I roghi tra le mani.

Le grida i pianti

gli abissali silenzi.

E l’angelo immobile

e gli aguzzini

tra le colonne

immobili

Gli aguzzini colonne del martirio insensato

gli aguzzini angeli dei roghi

i roghi dell’infamia

i roghi che ci uccisero

i roghi che mi uccidono

i roghi i roghi i roghi.

 

(da Non alla luna, non al vento di marzo, Schena 2004)

 

 

III

(di Mara Venuto)

 

Un sonoro ripetersi nel cumulo,

a quali mani affidare le carezze alla cenere

cercare nell’odore la vita, la storia

in episodi di disordine.

 

In chiesa il muro ha ceduto all’inferno

ai piedi dell’altare aperto

Cristo è interpretabile dall’alto,

una speranza stilizzata dalla speranza,

tenero legno trafitto dai frantumi.

 

Che le schegge non possono ricostruire,

lo capiamo con gli occhi.

 

(Inedito, marzo 2022)

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