Pertini, il nome del boia che sarà impresso sulla scuola di vostro figlio
I nostri nonni la guardavano estasiati. Quando, prima della guerra, per passare serate in compagnia si decideva di andare al cinematografo, così come si chiamava il cinema, lì dove compariva il suo nome erano sempre incassi.
Era certamente la più amata dagli italiani, con – forse – solo Anna Magnani a poterle contendere il titolo di attrice più rappresentativa d’Italia, ma solo dopo il 1941. L’Italia era quella del fascismo, nel quale hanno militato tutti in quegli anni, dai soloni giornalisti alla Barbapapà agli attori premi nobel Fò comunisti, dai politici attempati alla Napolitano.
Anche lei, nata nel 1914, nel 1935 quando ha successo, a soli splendidi 21 anni, vi aderisce come tutti, forse più personalmente che politicamente, sì, perché questa bellissima donna si innamora di un altro attore, Osvaldo Valenti, incontrato sul set del film “Un’avventura di Salvator Rosa” di Alessandro Blasetti. Aderiscono entrambi al fascismo quindi? Si, probabilmente si, ma senza farne vedere in giro la portata. Anzi, Valenti era famoso nei “salotti” romani come fine imitatore del Duce, una specie di sacrilegio per i tempi. Dopo l’8 settembre, però, aderiscono alla R.S.I., forse anche per continuare a lavorare come attori in quello che diventò il centro cinematografico della Repubblica di Salò, ovvero il cinevillaggio di Venezia. Osvaldo Valenti è sempre più preso e si arruola nella Xa Flottiglia MAS mentre l’amore con la Ferida va a gonfie vele: aspettano un bambino.
La banda di Pietro Koch imperversa e Valenti ne viene coinvolto. Altre donne, amanti di Koch, durante le torture a partigiani, piuttosto che farsi chiamare Daisy Marchi o Alba Cimini, si facevano chiamare come Lei, Luisa Ferida; come se oggi, ammazzando qualcuno vi facciate chiamare Sylvester Stallone o Angelina Jolie. Il risultato? La Ferida viene coinvolta, incinta ed a casa, con le questioni della banda di Pietro Koch, senza alcuna seria prova di coinvolgimento, senza alcun processo, senza alcuna possibilità di difesa.
Catturata dopo la liberazione di Milano, viene chiesto al Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia cosa fare con la Ferida e con Valenti: “Fucilali, e non perdere tempo” è la risposta unica del responsabile Sandro Pertini. Non una sola volta, non due, bensì tre telefonate, tutte e 3 con la stessa frase rivolta a colui che avrebbe dovuto materialmente mettere mano ai fucili. E così è.
La Ferida e Valenti furono fucilati il 30 aprile 1945 a Milano. Su ordine di Sandro Pertini, anzi, a seguito di 3 precisi ordini di fucilazione. “La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti…”, questa la giustificazione del boia materiale nel processo penale del dopoguerra.
Questa la storia di una donna morta all’età di 31 anni, del compagno di vita e di un bambino fucilato nel grembo della mamma innocente, perché tale riconosciuta, come sempre in Italia, in maniera postuma, nel mentre il boia dell’ordine era già alla Camera dei Deputati e dopo Presidente della Repubblica. Ora, passeggiate pure in Via Sandro Pertini, guardate le immagini dello scopone scientifico sull’aereo con Zoff, Bearzot e Causio di ritorno dal Mundial vinto nel 1982. Ma, almeno, ripensate a quel bambino mai nato, a quella madre innocente, a quel papà ucciso senza processo. E dopo leggete il nome del boia impresso sulla scuola di vostro figlio.
GIANPAOLO SANTORO