La collega Ferrara cacciata dal luogo del delitto, la solidarietà de “La Diretta 1993”

Quella che abbiamo, noi giornalisti, è una tessera di dovere, non di piacere. Quando siamo chiamati per intervenire in qualsiasi luogo, fosse un campo da calcio o, come oggi, un luogo del delitto, lo facciamo per rendicondare su quanto in quel posto e in quel momento accade. Con dovizia di particolari e, prima ancora di ricorrere alle testimonianze dei presenti o alle conferenze stampa che le Forze dell’Ordine indicono, ci piace spingerci a raccontare la verità più vera, scrivendo la cronaca vista con i nostri stessi occhi.

«Non conosco l’agente che, con l’avallo o nel silenzio dei colleghi, mi ha prima cacciato dalla proprietà privata consentendo a tutti gli altri che erano sul posto di restare, poi al mio “perché?” ha alzato la voce, richiesto generalità e documento di identità e con concitazione mi ha allontanata, con l’idea di portarmi successivamente in caserma», racconta Serena nella sua pagina web.
«Non so perché lo abbia fatto, né come avrei potuto disturbare le indagini dall’esterno del perimetro del luogo del delitto, dove in tanti si appostavano come me. Non mi è stato permesso di chiederglielo e non l’ho fatto», racconta la collega.

Ero giunto sul luogo del delitto insieme con l’altro collega, Pinuccio Rana. Mi ero incrociata con lei e la sua mamma per qualche istante, dopo averle salutate e raccolto spunti per il mio “pezzo” e fatto qualche foto sono corso via, per altri impegni.

Non ho assistito personalmente alla squallida scena del suo allontanamento. Chi mi conosce sa di come sono capace di reagire. Ed io che ho vissuto anni di giornalismo con il suo papà, sarei pronto a giurare che se questa mattina si fosse trovato il buon Ezio ad assistere a questa marionettata, avrebbe lanciato la sua pipa contro qualcuno…

 

MAURIZIO RANA

 

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