Bisceglie. Non una crisi, ma il declino. Autopsia di una città morta

Forse qualcuno dei lettori si ricorderà dei miei articoli scritti per la Città. Ho sempre cercato di scrivere cose che potessero essere di sprono alla politica locale e che potessero uscire dalle ricostruzioni da bar come si sentono spesso in Consiglio comunale, con le solite parole vuote: Sinistra, Destra, Svolta, vecchio e nuovo. Non ho mai voluto attribuire colpe come: “La colpa è di chi ha governato prima”. Attribuire colpe vecchie, significa ridurre  la politica passata a categoria teologico morale divenuta ideologia dei presunti vincitori, ma che tali non sono. Oggi, occorre solo parlare di tradimento, le cui conseguenze, le sta pagando la città. Quanto accaduto fa parte della politica, e chi la fa sa i rischi che corre. Nessun personalismo in questo articolo, c’è solo la preoccupazione di ricostruire i fatti più salienti di una espressione di una sorta di politica poca attenta alla vita della città. In questa poca attenzione verso la città, esiste un tradito. Il popolo ed i suoi sogni. Chi è stata tradita è la comunità biscegliese, che ha creduto ad una svolta che faceva sperare in cose nuove,questo si.

C’erano tutti i presupposti perché Bisceglie potesse svolgere un ruolo unico, fantastico a livello regionale e provinciale, una sorta di laboratorio politico che non c’è stato: questo è il vero tradimento. Eravamo nelle condizioni di una apertura che poteva, sulla spinta dell’amministrazione comunale, aprire un blocco sociale più aperto e dinamico portando nuove figure al governo della città. Ma cosa realmente è accaduto? Una crisi fiduciaria enorme. La vecchia amministrazione Spina è pur vero che in alcuni casi aveva lasciato  della progettualità non esaustive, ovviamente, ma anche basi concrete su cui lavorare. Allora cosa è successo? La maggioranza, che  governa ora, ha cambiato le carte in tavola. Dall’egemonia progettuale di Spina è passato al dominio di governo, quello che pensatori come Carl Schmitt hanno tradotto nella coppia amico-nemico. Il dominio ha inglobato nella sua azione persone che appartenevano anche a schieramenti diversi, come gli alleati, o la stessa opposizione. Il tutto è avvenuto durante l’attacco che da più parti proveniva alla politica e che i politici hanno fatto di tutto per avvalorarlo. Ciò ha prodotto un vuoto: i partiti di maggioranza sono diventati sempre più macchine elettorali utili solo a produrre  candidati  da sostituire per via della transumanza di incarichi, la cultura politica è ben al di sotto del senso comune, modi di fare di chi è rimasto legato a logiche e greppie degne dei pensatori da prima repubblica. La città non ha un futuro credibile, anche perché i vizi sopra evidenziati sono stati fatti tutti propri dall’attuale maggioranza in Comune. Non si assiste neppure ad una ideologia populista, sarebbe chiedere troppo! Siamo al populismo da bar e a qualche interesse individuale.

Di strategia nemmeno l’ombra, l’annuncismo è prassi che piace ai media, non a tutti i cittadini, per fortuna. Ed è proprio l’annuncio che ha fatto diventare Bisceglie una città come tante, che importa modelli ormai obsoleti. Ma poi cosa c’è da stupirsi se i “maestri del pensiero” di questo modo di intendere la politica e l’amministrazione pubblica sono passati dall’essere i “gregari” di sinistra, di destra apolidi e transfughi della politica. Infine non vorrei dare la sensazione che nulla sia ancora possibile: ci sono ancora degli spazi per cambiare e costruire il futuro, ma per farlo si richiedono qualità, competenze, determinazioni, caratteristiche escluse dalla rappresentanza politico, amministrativa attuale. Chissà? Non possiamo che sperare in energie nuove, che pur ci sono, per riprendere il sogno di una città diversa all’altezza del suo prestigioso. Persone che si muovono lontano dai riflettori, che non hanno bisogno di chi sa cosa per impegnarsi nella politica e nel sociale. La città oggi, lamenta molte manchevolezze: Parcheggi fantasma.  Traffico caotico.  Strade in degrado.  Piazze e marciapiedi ridotte ad una vergogna. Città meno sicura. Assenza di cultura. Ci troviamo in una città da riedificare, da ricostruire, da reinventare. Una città che ha abbandonato la cultura è una città che è destinata a morire. Ma cosa denunciare d’altronde se i nostri amministratori sono i primi responsabili di questa bassezza culturale. Sporadici eventi culturali di povere associazioni che confidano nell’aiuto pubblico che poi non arriva mai perché già dispersi tra meandri impraticabili. Da qui l’improvvisazione dei piccoli imprenditori locali che poco possono fare dato la crisi economica che sono costretti a vivere. E quando sopravvivono contenitori artistici come il Teatro Garibaldi non solo abbandonato oramai alla sterilità ma che lo si lascia boccheggiante e a trovare alloggio in locali della Scuola “Salnitro” costretto a trovare soluzioni alternative che sicuramente lo derubricano nel panorama artistico.

A proposito di scuola Salnitro, destinata ad alloggiare le scolaresche della Scuola Media Monterisi per il tempo necessario a tale scuola di essere restaurata e messa a norma. Che fine ha fatto questo progetto? Si parla sempre con più insistenza che la Monterisi possa subire uno smembramento in più scuole della città: È assurdo un simile progetto: smembrare la Monterisi significa buttare al vento anni di progetti, di idee, di lavoro di alunni e docenti che hanno fatto di tale istituto una eccellenza guardata fuori regione come una eccellenza. Mi piacerebbe saper cosa ne pensa una insegnante della Monterisi passata ora al ruolo di assessore al comune. Spero solo che il comune, ci ripensi su tale decisione e che non si crei disagio a famiglie, docenti, alunni, personale scolastico. Se tali presupposti, dovessero prendere piede, veramente allora Bisceglie andrebbe riedificata e per  riedificare la città, non occorrono urbanisti; occorrono uomini che possano dire (come Italo Calvino fa dire al Marco Polo delle Città invisibili): “D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Noi cittadini iniziamo a porre domande. Dobbiamo dunque imparare a porre domande, così come dobbiamo avere il coraggio e la passione di prendere l’iniziativa lì dove siamo. Ma come prenderla? Con che metodo? Con quale “spirito”? A quali fonti ricorrere per trasformare la città in cui viviamo, così che siano rispettose dell’uomo e delle diverse identità, e perché siano sempre risposta a esigenze reali e non manipolate? Che valore daremo, in questi spazi, al silenzio e al parlare, al riunirci e al vivere una positiva solitudine? Che possibilità lasceremo, là dove siamo, a che sia di nuovo possibile, ogni sera, vedere le stelle e, talvolta, ascoltare il vento che rende chiaro l’orizzonte col suo accarezzare le inevitabili ferite della vita? Lasceremo forse che a decidere la totalità del nostro dove e come vivere siano le decisioni di una parte della maggioranza? Credo che anche fra essa vi sono delle persone che dotati di sensibilità, non desiderano prestarsi a giochi che li vedrebbe comunque tra i fautori di una debacle per la città stessa. Quel che va preso sul serio è che la città dove viviamo va costruita insieme: solo così l’urbe non sarà mai, per coloro che la vivono, un’urbe tradìta (cioè una promessa non mantenuta) ma sarà un’urbe tradita (cioè fedele all’origine), una città che brilla, ai loro e nostri occhi, “a guisa di sole”. E solo così non resterà senza risposta (ma, anzi, sarà una costante provocazione ad amare l’imperfetta perfezione propria della vita) la domanda “dove si trova questa terra dell’Eldorado?” che il cavaliere errante della poesia di Poe non ha paura di porsi, tanto profondo era il suo desiderio d’incontrare quella terra dove mistero e speranza possono camminare insieme.

Pasquale Stipo

One thought on “Bisceglie. Non una crisi, ma il declino. Autopsia di una città morta

  1. vero e una città morta,vedi; basta andare sul sito regione Puglia ,non abbiamo una zona PIP, una zona asi, ho un villaggio artigiani ecc,per non parlare zona Ripalta si poteva fare Bisceglie Marina,con villaggi turistici senza deturpare il territorio,anzi fare una riserva naturale del territorio.

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