Anziani, giovani, aziende: tutti fuggono dall’Italia
Se fossi al posto della classe politica italiana, ed in particolare di chi negli ultimi anni si è reso responsabile delle sorti del Paese, mi vergognerei di presentarmi in pubblico, arrossirei di fronte a chi ogni giorno prende armi e bagagli e va all’estero per vivere meglio, perché qui, in Italia, non c’è spazio per lui o la vita sarebbe molto più difficile da vivere.
Ed allora vediamoli insieme chi sono questi italiani che fuggono. Cominciamo dagli anziani, dai percettori di misere pensioni che, per sbarcare il lunario, sono costretti a rifugiarsi all’estero dove la vita è meno cara e la pensione italiana consente un’esistenza dignitosa.
Sono oltre 373 mila questi pensionati in fuga: un sonoro schiaffo morale al welfare italiano, a uno Stato sociale iniquo e inesistente, a una classe politica che difende con i denti i suoi vitalizi maturati dopo 5 anni di fatiche (si fa per dire) parlamentari e si disinteressa dei problemi di sopravvivenza dei suoi pensionati. Un miliardo di euro che l’Inps spedisce ogni anno all’estero senza che il nostro Paese ne abbia alcun ritorno, in termini di consumi, di produzione di beni e servizi, di occupazione, di crescita del Pil.
Dagli anziani passiamo ai giovani, alla nostra migliore gioventù, quella che non rinuncia a costruirsi un futuro ed è disposta ad arrivare in capo al mondo pur di non innalzare la percentuale di coloro che non lavorano e non cercano più lavoro. Il dato più preoccupante riguarda i giovani con titolo di studio superiore alla laurea, i cosiddetti “cervelli”, trattati nel loro Paese come garzoni o apprendisti a cui elargire al massimo 400 euro al mese, che in Italia trovano le porte sbarrate dai “baroni” o dai raccomandati ed all’estero sono accolti a braccia aperte, perché arricchiscono con le loro conoscenze scientifiche e con la ricerca il Paese ospitante. Un altro schiaffo morale all’Italia e alla politica che li lascia fuggire.
Un’altra sconfitta per il nostro Paese è rappresentata dal trasferimento all’estero delle nostre aziende. Sotto il peso di una tassazione opprimente, che non rende conveniente investire in Italia, da anni molti imprenditori alzano i loro capannoni in terra straniera, dando lavoro e creando occupazione e benessere altrove. E la classe politica continua a non interrogarsi sui motivi di queste fughe, motivi che conosce bene ma evita di portare alla luce, perché dovrebbe accusare se stessa, per la sua assenza di volontà di diminuire i costi e gli sprechi per mantenere un’organizzazione dello Stato elefantiaca, sproporzionata rispetto alle reali necessità di rappresentanza democratica del Paese.
Apro una piccola parentesi su questo aspetto per far capire meglio la gravità del problema. La Regione Molise è nata nel 1963 per distacco dall’Abruzzo. Esigenze territoriali? Macché! Fu un’operazione voluta dai democristiani dell’epoca per un calcolo elettorale: i senatori democristiani con la separazione passavano da cinque a nove! E di esempi come questi se ne potrebbero fare a centinaia. Nuove Province spuntate come i funghi, enti inutili mai soppressi cui nel tempo si sono aggiunti altrettanti enti inutili, il cosiddetto “sottogoverno”. E intanto il debito pubblico cresceva … e continua a crescere, così come è cresciuto il numero degli italiani che vive di pane e politica con i soldi di chi lavora e produce. E’ questo il vero cancro dell’Italia, altro che la Merkel e l’austerità della Ue!
Riprendiamo il discorso. Fuggono le aziende ma si trasferiscono all’estero anche le sedi legali di aziende operanti in Italia (FCA docet) e la residenza di top manager (leggi Marchionne) o di personalità dello sport o dello spettacolo. Il motivo? Pagare delle tasse “ragionevoli” all’estero e non farsi sottrarre dallo Stato una fetta cospicua del loro reddito. Le tasse sono bellissime, diceva la buonanima di Padoa Schioppa, ministro dell’Economia del governo Monti, ma est modus in rebus, a tutto deve esserci un limite, una misura, oltre la quale l’evasione fiscale, la fuga di capitali diventano … legittima difesa. Soprattutto se le entrate tributarie non si traducono in servizi per i cittadini ma in occasioni di maggiori sprechi per Stato ed enti pubblici.
Sono tutti fatti, più che segnali, che dovrebbero far saltare sulla poltrona la nostra classe dirigente. Che dovrebbe non dormire la notte pur di trovare le soluzioni, pur di non far fuggire anziani, giovani, imprenditori, aziende. E invece … niente. Ogni politico si accontenta di coltivare il suo orticello; la sua unica preoccupazione è la ricerca di una legge elettorale che gli consenta la rielezione e di tutto il resto … chissenefrega!
Pasquale Consiglio